“300 Ombrelli nella nebbia” di Filippo Cirino


300 ombrelli nella nebbia

-“Anche oggi nebbia…” -“Fino a marzo qui è così, lo sai. Se non ti trovi bene, puoi andartene” -“Se avessi i soldi, me ne andrei sì, mica mi alzerei alle 3 di mattina per prendere quattro pesci di merda” -“Non pensarci… un po’ di caffè?”


Il peschereccio galleggiava nella nebbia del mattino, il canale era una linea immaginaria sospesa tra due filari di alberi. In quel silenzio irreale, due uomini diretti verso il nulla sorseggiavano caffè caldo avvolti nelle loro palandrane.
Erik stringeva la tazza cercando di scaldarsi le mani. Dovunque volgesse lo sguardo, una distesa bianca. E fredda. Alla fine allungò la tazza verso Peter, chiedendogli ancora un po’ di quell’intruglio imbevibile, ma che almeno era caldo.

-“Non ne abbiamo tantissimo, poi resteremo senza…” -“Dammelo o resterai senza di me. Sto crepando di freddo!” -“Ti abituerai!” -“Il tempo di trovare qualcosa di meglio… non voglio starci 10 anni su questa barca del cazzo a respirare nebbia!” -“Ventitrè” -“Cosa?” -“Ventitrè, non dieci. E’ da ventitrè anni che sto su questa barca del cazzo, come la chiami tu” -“Io non so come…” -“Vuoi sapere come ho fatto? Finita la guerra mi sono trovato senza casa e senza famiglia, l’unica cosa che avevo era questa barca del cazzo, e pure scassata” -“Scusa, Peter, non volevo…”

-“Allora l’ho riparata e ho imparato a guidarla in mezzo alla nebbia senza andare a sbattere. Per fortuna mio padre ha fatto in tempo ad insegnarmi a pescare.” -“I tedeschi?” -“Si, maledetti bastardi! Ma ora sono ventitrè anni che questa barca fa mangiare me e i miei figli… E da 2 settimane fa mangiare anche te, quindi vedi di darti una regolata!”


La discussione tra i due uomini fu interrotta da un rumore, uno scoppiettìo lento e continuo. Veniva dalla
sponda sinistra del canale, avvolta da una coltre bianca e impenetrabile.
Peter andò al timone e avvicinò la barca alla sponda, poi con calma rallentò per attraccare.

“Peter, ma perché ci fermiamo? Cos’è ‘sto rumore?”
Avvicinandosi alla riva il suono si fece sempre più distinto, sembrava il rombo di un motore. Piano piano si cominciò ad intravedere una sagoma, una specie di motocicletta. Alla guida c’era un uomo, che parcheggiò il mezzo, lasciando il motore acceso e cominciò a sbracciarsi e ad urlare. Urlava distintamente il nome di Peter.

-“Oh, ma tu conosci quel vecchio?” -“Certo, è Mark. Era un amico di mio padre” -“E che ci fa alle 5 del mattino in motoretta lungo il canale?-“E’ un tipo un po’ strano…”


Ora in mezzo alla nebbia del mattino galleggiavano un peschereccio ed un vecchio con la motocicletta, sospesi come su due isole, distanti una ventina di metri. Il vecchio smise di sbracciarsi e fece un cenno di saluto. Peter ricambiò e cominciò ad urlare verso la riva. Le voci echeggiavano nel nulla

-“Buongiorno Mark, anche oggi in giro di buon’ora?” -“Eh si, per forza, il nemico non dorme mai!”


Erik lanciò un’occhiata a Peter, che gli fece cenno di stare tranquillo.

-“Ma questo tizio ora lavora con te?” -“Si chiama Erik, l’ho preso per darmi una mano.” -“Buongiorno signor Mark. Sì, cerco di dargli una mano a congelarmi in mezzo alla nebbia!”


Il vecchio esitò un attimo. Dopo una breve pausa indicò il ragazzo.

-“Peter, ma lui sa qual è il vostro compito?” -“Certo che lo so, siamo su un cazzo di peschereccio, ci alziamo all’alba, andiamo in mare… quale compito potremmo mai avere?”


Peter diede un calcetto ad Erik e cercò di fargli capire che avrebbero parlato della cosa in privato, ma Mark ripartì con le domande.

-“Non gli hai detto niente? E quando avresti intenzione di dirglielo? Non puoi aspettare che arrivino, deve essere pronto!

“Ma pronto a cosa?!? Peter, sopporto il freddo, la nebbia, la puzza di pesce, tutto. Ma anche questo vecchio suonato no! Spiegami che sta succedendo o domani ci vieni da solo a pescare!” -“Vecchio suonato a chi? Tu non sai proprio nulla, sei troppo giovane per saperlo… Ma quando torneranno dobbiamo essere pronti, altrimenti finirà come l’altra volta!”


Senza dare possibilità di replica, il vecchio salì sulla sua moto scoppiettante e sparì nella nebbia. Ora galleggiava solo il peschereccio, che dopo un po’ ripartì verso il canale invisibile.
Erik rimase in silenzio per tutto il tempo, finì il suo lavoro senza fiatare. Quando il peschereccio attraccò al
molo e finirono di scaricare il pesce, Peter prese la sua borsa e cominciò a contare i fiorini da dare ad Erik.

-“Per domani cosa hai deciso?” -“Vengo, ma a una condizione.” -“Per la paga non posso darti di più, sai che…” -“Non voglio soldi. Voglio parlare di Mark.” -“E’ una storia complicata.” -“Raccontamela” -“Vedi, la guerra ha lasciato tanti segni. Qualcuno ha perso la vita, qualcun altro la testa” -“Quindi è un vecchio matto?” -“Non più matto di tanti altri. Ogni tanto viene e mi racconta delle cose. Nei prossimi giorni tornerà, chiedi direttamente a lui” -“Ma se fa domande strane?” -“Stai al gioco, tanto nella nebbia nessuno ci può vedere e sentire” -“Però domani porta più caffè!”


Erik continuò a salire tutte le mattine sul peschereccio. E a scrutare l’argine, in attesa del rombo della motoretta. Per una settimana intera non successe nulla.
Il martedì successivo oltre alla nebbia c’era anche una fitta pioggerellina. Erik stava avvolto nella sua palandrana, infreddolito, a bere l’ennesima tazza di caffè. Certo il vecchio non si sarebbe presentato sotto la pioggia.
Invece, proprio quel giorno, lo scoppiettìo cominciò a sentirsi in lontananza. Emerse la solita sagoma. Peter accostò la barca e ricominciò la strana conversazione sospesa nella nebbia.

-“Ehi Mark, ma dove vai con questo tempaccio?” -“Giro di perlustrazione, ho visto strani movimenti… ma il ragazzo è ancora con te?” -“Si, ma stai tranquillo, è dei nostri!” -“Gli hai spiegato tutto?” -“Ci ho provato, magari ha bisogno di qualche chiarimento… vuoi parlarci tu?” -“Non ho molto tempo, devo controllare la zona ovest” -“Se potesse, mi farebbe molto piacere, signore. Peter mi ha detto delle cose, ma la sua esperienza mi sarebbe molto d’aiuto.” -“Giusto qualche minuto, ragazzo…” -“Grazie”


Il vecchio cominciò ad indicare un punto nella nebbia, dall’altra parte del canale. Erik guardava quel punto in cui c’era il vuoto, immerso nel nulla più assoluto, ma si concentrò e fece finta di vederci qualcosa.

-“Vedi laggiù. Arrivarono da lì. Erano 300, in cielo si vedevano 300 ombrelli neri.” -“Ombrelli?” -“Divisione aviotrasportata. 300 paracadutisti. Sono stati i primi ad arrivare nel ‘40” -“Ah, i nazisti…” -“Hanno preso le strade e i ponti. Poi hanno bombardato gli aeroporti. Alla fine sono arrivati i carri armati. Cinque giorni per arrivare a Rotterdam e invaderci.” -“D’altronde cosa potevamo fare?” -“Niente, ci hanno presi di sorpresa! Altrimenti ci saremmo difesi. Avremmo fatto saltare i ponti, aperto le dighe. L’acqua è sempre stata il nostro nemico, sarebbe diventata la nostra alleata.” -“Non lo so, hanno preso mezza Europa, magari ci avrebbero presi comunque” -“No, ragazzo. Noi potevamo bloccarli, potevamo fare impantanare i loro fottuti panzer, ma
bisognava agire per tempo. E stavolta non rifaremo lo stesso errore!” -“Ma davvero lei pensa che torneranno?” -“Puoi giurarci, e noi dobbiamo controllare il canale. Appena vedete i paracadutisti, dovete dare l’allarme al quartier generale, Peter sa già tutto.”


Peter aveva ascoltato tutto il tempo e si limitò ad annuire. Senza dare altre spiegazioni, Mark risalì in sella e ripartì per il suo giro. Erik a quel punto si rivolse all’amico, ridendo.

-“E dove sarebbe questo QUARTIER GENERALE? Al mercato del pesce?” -“No, all’ufficio postale…” -“Perché lui è convinto che alle poste…” -“Si, pensa che dietro gli sportelli ci sia una stanza piena di militari e spie che aspettano l’arrivo dei nazisti… non è bello prendere in giro un povero vecchio, lui la guerra l’ha vista davvero!”


Erik ritornò al suo consueto silenzio. Però cominciò a guardare la nebbia oltre il canale con sguardo diverso, pensando a quel giorno in cui arrivarono i paracadutisti tedeschi. Comparsi dal nulla, forse nessuno davvero li vide per tempo. O forse era solo una teoria strampalata di Mark, l’Olanda sarebbe stata invasa comunque e nessuno avrebbe potuto impedirlo.
La nebbia è come una tela bianca, fissandola a lungo puoi immaginare di dipingerci qualsiasi cosa. Erik la guardava giorno per giorno, chiedendosi se davvero potesse sbucare un panzer o dei caccia tedeschi. Una mattina, mentre era assorto, vide uno stormo di puntini neri, stava quasi per chiamare Peter e dirgli di dare l’allarme, che arrivavano i paracadutisti. Poi si accorse che erano solo uccelli e che forse era stato troppo ad
ascoltare le fantasie di quel vecchio.
Però era curioso di rivederlo, di sentirsi raccontare come erano andate le cose nel ’40 e quale sarebbe stato il suo piano per difendere Rotterdam. Ma Mark non tornò, né quella settimana, né la successiva. Peter a un certo punto si preoccupò, non avrebbe mai lasciato per tanto tempo il canale incustodito senza avvisarlo.
Il mattino seguente Peter si presentò scuro in volto.

-“Ieri sera ho incontrato la figlia di Mark. E’ in ospedale e sta male, i medici non sono ottimisti. Mi ha detto che continua a farneticare frasi sui nazisti. Vuole che andiamo a trovarlo, deve dirci delle cose. E dobbiamo anche fare in fretta, perché non gli resta molto…”


Il giorno successivo sul canale arrivarono i nazisti. Due valorosi soldati olandesi si presentarono in ospedale per avvisare l’anziano capo delle Guardie del Canale che il suo piano aveva avuto successo. I ponti erano stati distrutti e le dighe aperte. Le divisioni corazzate dei tedeschi erano state bloccate e Rotterdam era salva. Si sentiva la contraerea che stava abbattendo gli ultimi caccia, ma la battaglia era ormai vinta. Fecero
appena in tempo a dirglielo, poi il vecchio chiuse gli occhi. Sorridendo.
A volte le battaglie si vincono coi carrarmati, questa volta bastarono due vecchie uniformi recuperate da una soffitta, la fantasia di Erik e qualche petardo lanciato nel giardino dell’ospedale

Filippo Cirino